Laser e Biostimolazione denti

Dott. Roberto Ferrè • ott 01, 2019

Laser e Biostimolazione denti


La Biostimolazione denti mediante Laser aumenta la produzione di sostanze energetiche intracellulari con accelerazione dei processi metabolici cellulari, velocizzazione dei processi riparativi e diminuzione dell’ossidazione intracellulare.


Biostimolando con il Laser un sito chirurgico prima dell’intervento si ha un aumento della soglia del dolore ed una minore trasmissione dello stesso lungo le fibre nervose. Ciò comporta un minor uso di anestetico. La guarigione dei tessuti trattati avviene più velocemente ed in modo migliore. Biostimolando con il Laser un sito chirurgico dopo l’intervento, la convalescenza è caratterizzata da minor gonfiore e dolore, minore percentuale di infezione, aumento del comfort per il paziente.


Biostimolando i denti con il Laser dopo l’attivazione dell’arco in ortodonzia si ha maggior controllo del dolore evitando di dover assumere antinfiammatori ed ottenendo la velocizzazione dello spostamento dentale.


La Biostimolazione denti con il Laser le articolazioni temporomandibolari infiammate si ottiene una riduzione del dolore acuto ed una ripresa della funzionalità. La patologia di base va poi trattata secondo precisi criteri terapeutici, in quanto la priorità spetta comunque all’eliminazione delle cause.


Biostimolando con il Laser il decorso di un nervo che abbia subito un trauma chirurgico, la parestesia diminuisce più rapidamente.


Biostimolando con il Laser le mucose orali durante i trattamenti di radioterapia, si ottiene un miglioramento delle mucositi e della sintomatologia ad esse correlate.


Si tratta quindi di una tecnica innovativa, scientificamente provata ed altamente efficace.

Autore: Dott. Roberto Ferrè 24 giu, 2021
19 NOVEMBRE 2019 IN TERAPIE La diga di gomma in odontoiatria La Diga di Gomma è un dispositivo medico ed è il primo aspetto da valutare al fine della qualità della cura odontoiatrica . E’ stata inventata in America nel 1864. E’ composta da un foglio di gomma o, per gli allergici al lattice, da un foglio di materiale sintetico no-latex. Per prepararla e montarla occorrono alcuni strumenti specifici: il foglio di gomma, una pinza foradiga che serve a creare un piccolo foro nel foglio di gomma attraverso il quale passerà il dente da curare, l’uncino che servirà a fissare il foglio della diga al dente da curare, la pinza portauncini che servirà a trasportare l’uncino sul dente da trattare, il telaio-archetto che servirà a tendere il foglio di gomma della diga, il filo interdentale che unitamente ad un lubrificante servirà a far calzare correttamente la diga di gomma intorno al dente. Nel caso di più denti da curare la diga di gomma potrà essere montata contemporaneamente su più denti. Ma, esattamente, a cosa serve la diga di gomma? I vantaggi dell’uso della diga sono molteplici e tutti di rilevante importanza: Sposta i tessuti molli dal campo operatorio Protegge lingua, guance e gengive durante la cura odontoiatrica. Quindi riduce il rischio di danni ai tessuti molli da parte di strumenti rotanti o taglienti a seguito di movimenti improvvisi E’ confortevole per il Paziente in quanto non c’è “invasione” nella bocca da parte di specchietti, aspirasaliva, rulli di cotone, dita delle mani e per tali motivi non si stimolano le zone anatomiche che evocano il riflesso del vomito Il foglio di lattice teso aiuta a tenere la bocca aperta Il paziente può tranquillamente deglutire o tossire da sotto il foglio della diga Isola il campo operatorio da saliva e batteri E’ estremamente sicura in quanto evita l’accidentale ingestione o inalazione di pezzetti di dente, irriganti canalari, piccoli strumenti appuntiti o taglienti, mercurio che si libera durante la rimozione di otturazioni in amalgama d’argento. Permette all’odontoiatra di lavorare in un campo operatorio pulito e asciutto , migliorando l’impugnatura dello strumentario odontoiatrico ed ottimizzando l’adesione al dente dei moderni materiali da otturazione Accorcia la seduta odontoiatrica : non porta via tempo, anzi fa recuperare tempo durante la la terapia odontoiatrica Riduce lo stress di Operatore, Assistente e Paziente Protegge gli Operatori da infezioni eventualmente trasmesse dall’aerosol che si forma con l’uso di strumenti rotanti raffreddati con spray d’acqua Si può montare o forare, in Pazienti particolarmente sensibili o claustrofobici, in modo da lasciare uno spazio per la respirazione anche orale In ultima analisi, è utilizzabile nella quasi totalità dei casi, trova indicazione primariamente in conservativa ed endodonzia, non presenta controindicazioni ma solo considerevoli vantaggi.
Autore: Dott. Roberto Ferrè 04 feb, 2020
4 FEBBRAIO 2020 IN TERAPIE Dentiere implantosupportate (overdenture) Vi è sempre consapevolezza, sia tra gli operatori che tra i pazienti, dei problemi associati ad una dentiera, in particolar modo inferiore, rispetto a qualsiasi altra protesi dentale. Problemi comuni a tutte le dentiere inferiori sono infatti l’instabilità, la scarsa funzionalità, la difficoltà alla fonazione, le abrasioni alle gengive. Per fornire maggior stabilità e ritenzione ad una dentiera si può ricorrere all’inserimento di impianti endossei , trasformandola in una protesi con appoggio su impianti (overdenture) , con ampia riduzione del movimento della protesi. In tale modo diminuiscono i movimenti laterali, si ha migliore fonazione, maggior sicurezza psicologica da parte del portatore della protesi, la lingua e la muscolatura periorale possono ritrovare una posizione più normale poichè non devono più cercare di tenere ferma la dentiera durante i movimenti mandibolari. L’intervento di chirurgia implantare osteointegrata consiste nell’inserimento chirurgico di una o più radici artificiali (viti in titanio) nell’osso mandibolare o mascellare per ottenere un supporto protesico variamente utilizzabile, a seconda dei casi, per protesi fissa o mobile. Nel caso particolare di questo articolo è finalizzato all’ottenimento di una protesi totale mobile, superiore o inferiore, con appoggio su impianti endossei (overdenture). Le viti implantari sono costituite di titanio chirurgico o leghe di titanio, anche con trattamenti superficiali finalizzati a migliorare l’integrazione con l’osso. Si tratta di materiali utilizzati con successo da decenni anche in altre branche della medicina (es. in Ortopedia). La perdita totale di tutta la dentatura naturale con atrofia ossea pone l’indicazione ad inserire, nella struttura ossea rimasta a livello del mento o della parte anteriore del mascellare superiore, degli impianti osteointegrabili che permettano di ottenere una protesi totale rimovibile con appoggio e ancoraggio su impianti ( generalmente da due a quattro). Ciò permette in ogni caso una buona stabilità e ritenzione della dentiera, la possibilità di rimozione della protesi con più semplice igiene orale rispetto ad una struttura protesica fissa, una flangia di appoggio per il labbro con miglioramento dell’estetica facciale, più semplici e veloci riparazioni in caso di necessità, di norma nessuna difficoltà nelle manovre di inserimento e rimozione della protesi, un minor costo rispetto a protesi fisse ancorate su impianti. Il numero di impianti dipende dalla qualità-quantità dell’osso residuo nonché da fattori economici. Due impianti rappresentano il minimo, ma per aumentare ritenzione e stabilità è opportuno aumentare il numero di impianti (tre o quattro). Le possibilità di ritenzione di una overdeture sono: attacchi montati singolarmente sugli impianti, barre cementate o avvitate sugli impianti con attacchi a pallina o a binario. Gli attacchi a livello di overdentures consentono comunque un minimo impercettibile movimento durante le varie funzioni, evitando di scaricare rigidamente tutte le forze sugli impianti e sull’osso perimplantare. Nei pazienti già portatori di dentiera spesso è possibile subito dopo l’inserimento degli impianti avvitare immediatamente sugli stessi dei cappucci di guarigione transmucosi con contestuale ribasatura della protesi mobile preesistente con materiale termoplastico. Il paziente potrà quindi continuare sin da subito a portare la sua protesi e ciò mira ad evitare un disagio estetico e di fonazione nelle relazioni interpersonali. La dentiera in questa fase postchirurgica iniziale non potrà essere usata per una normale masticazione: per alcune settimane infatti sarà necessaria una dieta morbida. Nel caso invece di non ottimale stabilità iniziale degli impianti, gli stessi si manterranno sommersi sotto la gengiva e si procederà all’esecuzione della overdenture a distanza di qualche mese.
Autore: Dott. Roberto Ferrè 04 dic, 2019
4 DICEMBRE 2019 IN TERAPIE Precancerosi e cancro orale Rispetto alle patologie tumorali che colpiscono organi ed apparati “nascosti” e comunque per le quali le possibilità di diagnosi precoce in assenza di sintomi sono legate ad esami specifici e strumentali mirati e spesso rappresentano reperti casuali ed inattesi, le precancerosi del cavo orale si prestano per la facilità di ispezione della bocca ad un riconoscimento già in fase iniziale. In tale contesto la prevenzione al cancro orale assume nuovamente un’importanza strategica e si concretizza nella visita odontoiatrica periodica di controllo , fondamentale non solo per diagnosticare patologie quali ad esempio le carie degli elementi dentali o le malattie dei tessuti di sostegno dei denti o per porre l’indicazione ad una seduta di igiene orale professionale, ma anche per intercettare in fase precoce ed asintomatica lesioni mucose passibili di evoluzione verso il temibile tumore maligno della cavità orale. La visita è semplice ed indolore e si esegue primariamente con l’ispezione e palpazione del cavo orale. I fattori di rischio oltre che dalla predisposizione genetica sono principalmente rappresentati dal fumo di sigaretta, pipa e sigaro, dall’abitudine a masticare il tabacco, dall’assunzione di bevande alcoliche, da un’igiene orale inadeguata, da lesioni croniche da protesi incongrue, dalla infezione di alcuni Papilloma Virus e per le labbra dall’esposizione prolungata ai raggi solari. Nel mondo i tumori del cavo orale e della gola rappresentano il 10% di tutte le neoplasie maligne negli uomini e il 4% nelle donne. Ad oggi, secondo i dati dell’Airc, in Italia vengono diagnosticati circa 4500 casi ogni anno e l’insorgenza è più frequente dopo i 40 anni. Le lesioni potenzialmente maligne o francamente maligne del cavo orale si situano in ordine di frequenza a livello del bordo della lingua, del pavimento della bocca, delle labbra, dei trigoni retromolari, dei pilastri palatini, del palato molle, delle guance e delle gengive. La presenza di noduli, rigonfiamenti, macchie, ulcere che non guariscono, potrebbero essere manifestazioni di lesioni pre-tumorali o tumorali. Le lesioni più frequenti sono rappresentate da macchie rosse, bianche-rosse, bianche, erosioni, ulcere, aree circoscritte di maggior consistenza della mucosa, lesioni verruco-papillari (a cavolfiore). Se la lesione è sospetta e non regredisce in assenza di terapie locali palliative e dopo la rimozione dei possibili fattori scatenanti entro due settimane, deve essere considerata potenzialmente a rischio di malignità e deve essere sottoposta a biopsia al fine di effettuare un esame istologico (Oms). Il carcinoma orale inizialmente può essere asintomatico, ma sintomi di malignità possono essere rappresentati in questa fase da sensazione di bruciore, fastidio, lieve dolore, sanguinamento di una lesione, mentre negli stadi avanzati sono rappresentati da dolore importante, movimenti difficoltosi della lingua, mobilità dentale, sanguinamento, difficoltà alla deglutizione, difficoltà alla fonesi, alitosi. La sopravvivenza è strettamente correlata allo stadio della neoplasia, mentre dai dati statistici purtroppo più del 50% dei tumori del cavo orale sono già diffusi ai linfonodi loco-regionali già al momento della diagnosi. La diagnosi precoce al cancro orale permette cure meno invasive , con migliore prognosi, migliore qualità della vita, minori esiti cicatriziali e deturpanti, con minori costi biologici e sociali. Ancora una volta la considerazione finale è che prevenire è meglio che curare. Con un pizzico di buona volontà.
Autore: Dott. Roberto Ferrè 01 set, 2019
1 SETTEMBRE 2019 IN TERAPIE Il PRGF Cos’è il PRGF? Il Prgf è plasma ricco di Fattori di crescita. Questi sono delle proteine che svolgono una funzione essenziale nei complessi processi di riparazione e rigenerazione dei tessuti. Essi quindi rientrano a pieno titolo nel campo della ricerca di strategie rigenerative-riparative più veloci, più efficaci e maggiormente predicibili. Se utilizzati in associazione alla chirurgia, accelerano la rigenerazione e guarigione dei tessuti nell’area di intervento e riducono gonfiore, infiammazione, dolore e sanguinamento. I Fattori di crescita agiscono accelerando la formazione di nuovi vasi sanguigni e la migrazione, proliferazione, maturazione e differenziazione cellulare, tutti meccanismi fondamentali per la guarigione. I fattori di crescita sono naturalmente presenti nel plasma sanguigno ed all’interno delle piastrine. Attraverso il sistema Prgf si può ottenere, ambulatoriamente e da un piccolo prelievo di sangue, un plasma ricco di Fattori di crescita. Questi Fattori di crescita concentrati sono quindi autologhi, cioè provenienti dal paziente stesso, e per questo motivo non vi sono rischi di contrarre malattie per trasmissione orizzontale da paziente a paziente. I Fattori di crescita possono essere impiegati in diverse branche della chirurgia e della medicina. Ma quali sono le branche odontoiatriche dove i fattori di crescita trovano un approccio biologico ed un impiego efficace? In particolare nel trattamento degli alveoli postestrattivi, dove accelerano la guarigione promuovendo la riformazione di tessuto osseo; in implantologia, dove accelerano e migliorano l’osteointegrazione delle viti implantari; nella terapia ricostruttiva ossea, dove stimolano la proliferazione delle cellule osteogeniche e migliorano e velocizzano l’integrazione degli innesti ossei; nel trattamento dei difetti parodontali, dove promuovono anche la rigenerazione di cemento radicolare, legamento parodontale ed osso alveolare; nella prevenzione della osteonecrosi post estrazioni o post chirurgia nei pazienti in terapia con bifosfonati per il trattamento dell’osteoporosi o di altre malattie. Si può quindi parlare di una finestra aperta sul futuro.
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